Giornalista e ufficio stampa: Milano, Napoli, Torino o Roma, non fa differenza nel momento in cui parliamo di questa interazione essenziale fra due attori fondamentali della comunicazione. Il reporter è alla ricerca incessante di notizie, ossia di fatti che rivestano un tale interesse per i suoi lettori da poterli poi stampare sul proprio giornale; dal canto suo, l’addetto di un ufficio stampa segue la comunicazione sui giornali di un’azienda, o come suo dipendente nei casi delle società più grandi, oppure come consulente esterno, e il suo lavoro è quello di trovare la chiave che trasformi alcuni, fra i tantissimi fatti che accadono nella sua azienda, in notizie degne, appunto, della pubblicazione, e quindi dell’attenzione del giornalista. Non è complicato comprendere quanto sia importante questa funzione, e quindi quanta attenzione si debba porre nella selezione della persona a cui affidarsi per svolgerla. Il rischio, altrimenti, è quello di vedere la propria immagine gestita da figure raffazzonate e improvvisate, capaci di gaffe a metà fra l’ignoranza, l’arroganza e la semplice comicità. Leggetene tre, trovate girando per internet…
1)Addetto stampa: “Buongiorno, vorremmo proporle un articolo su quest’azienda”
Giornalista: “Ma qual è la notizia?”
A.S. “Nessuna: vorremmo un’intervista per parlare delle caratteristiche dell’azienda.”
Vale a dire, in breve, “Non abbiamo la notizia, ma abbiamo un desiderio disperato che si parli di noi, e una voglia ugualmente estrema di non pagare nulla per fare della pubblicità di qualsiasi tipo”.
Un giornalista pubblica notizie, non fa pubblicità gratuita. E questo è ancora più prevedibile se ci fermiamo a pensare che il suo giornale la pubblicità sulle proprie pagine la vende, e quindi non ha interesse a regalarla. Non chiediamo l’impossibile, o almeno non facciamolo in modo tanto palese.
2) Addetto stampa: “Potremmo dare un’occhiata al titolo?”
Questa è più sofisticata della precedente, ma anche meno “sincera” e, se vogliamo, più insultante. Qui si lascia opportunità al giornalista di comporre il proprio articolo, ma ci si pone nella situazione, piuttosto conveniente, di giuria della sua adeguatezza. Ossia ancora una volta si fraintende il compito del giornalista, che è di scrivere un articolo che dia una notizia ai suoi lettori, e non un articolo che parli (meno che mai nella luce che desidereremmo noi) della nostra azienda. Possiamo disquisire della headline di una pagina pubblicitaria, non del titolo di un articolo che ci riguarda.
3) da una mail di un addetto stampa: “ Ci terremmo che identificasse l’intervistato esattamente come abbiamo scritto nella mail”.
Nella mail in questione c’erano, circa, una trentina di righe contenenti tutti i titoli, le qualifiche, e le posizioni passate e presenti ricoperte dall’intervistato. Oltre ad una certa dose di presunzione nel provare a strappare al giornalista (che, ricordiamolo l’ultima volta, non scrive per NOI, ma per i suoi lettori) l’inserimento di dati per niente pertinenti con il tema dell’intervista, qui si rivela una profonda ignoranza delle regole più basilari della scrittura, non solo giornalistica. Come si può pretendere che in un articolo, o in un’intervista, un giornale pubblichi trenta righe di titoli e qualifiche dell’intervistato? Nessun lettore le degnerebbe di uno sguardo. Un addetto stampa può anche non essere un giornalista, ma è bene che conosca almeno i rudimenti delle regole che governano questo mestiere.