Non c’è dubbio che, nella mente di ognuno di noi, e nella cultura popolare, pochi simboli siano più chiaramente legati ad un concetto quanto lo specchio è legato all’idea di vanità e di bellezza: ma dai primissimi albori della nostra storia conosciuta, gli specchi ci hanno accompagnato anche come oggetti decorativi e come strumenti utili e qualche volta indispensabili, ora come elementi fondamentali del funzionamento dei telescopi, ora come parti di un proiettore, ora sul tavolino di un dentista e ora sul tavolo da belletto di una signora elegante. Ripercorriamo insieme rapidamente le tante e tante modifiche che questo oggetto ha passato in così tanto tempo, trasformandosi da un pezzo di ossidiana lucidata a un vetro sottoposto ad argentatura.
Se vogliamo davvero essere precisi, i primissimi specchi della storia quasi certamente non erano esattamente portatili: dovevano essere pozze d’acqua ferma contenute in qualche vaso scuro, o semplici specchi d’acqua naturali. Ma se viceversa vogliamo riferirci ai primi specchi concretamente fabbricati, è probabile che siano state delle lastre di ossidiana (un vetro di origine vulcanica esistente in natura) lucidate fino ad essere riflettenti. Ne abbiamo esempi ritrovati dagli archeologi in Anatolia (l’odierna Turchia) che risalgono a circa ottomila anni fa. Per i primi specchi di metallo sicuramente documentati, invece, dobbiamo attendere parecchio: ma anche loro fanno puntuali la loro comparsa circa seimila anni fa, in Mesopotamia, e sono realizzati in rame lucidato, e successivamente in bronzo e in speculum, una lega di rame e stagno.
Ma lo specchio a noi noto non è una lastra di metallo lucidata, bensì una lastra di vetro su cui viene applicato uno strato di metallo riflettente. Per questa rivoluzione, che apre la strada allo specchio moderno, dobbiamo aspettare diversi millenni, per vederli infine apparire a Sidone (la zona oggi denominata Libano) non più di duemila anni fa, e quindi a Roma, dove fu sviluppata una tecnica per ricoprire di piombo fuso del vetro soffiato. Sfortunatamente non si trattava ancora di specchi eccellenti, in quanto erano rozzi e non molto riflettenti rispetto ai nostri standard: il balzo in avanti avvenne sostituendo al piombo dei Romani una lega particolare di stagno e mercurio, e a perfezionare il metodo furono i veneziani, già maestri della lavorazione del vetro, non più di cinque secoli fa. Uno specchio del genere era rarissimo ed estremamente costoso, facendone un lusso per pochi.
La tecnica che però “fa” lo specchio moderno, quello a cui tutti noi siamo abituati, è l’argentatura: e per avere questa, dobbiamo attendere diversi secoli dopo gli specchi veneziani. Per la sua invenzione infatti possiamo ringraziare Justus Von Liebig, un chimico tedesco, che nel 1835 mise a punto il procedimento, consistente nel depositare su di una lastra di vetro , effettuando una riduzione di nitrato d’argento, una sottilissima pelle di argento metallico. Fu con questo metodo che divenne infine possibile installare produzioni industriali su larga scala di specchi efficaci a prezzi accettabili. Oggi, tuti gli specchi che incontriamo comunemente, da quello del nostro bagno a quello contenuto in un piccolo kit da trucco, sono costruiti però con una tecnica ancora nuova, che prevede l’uso dell’argento solamente raramente, e più spesso fa uso dell’alluminio come strato riflettente..
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